In Thailandia chiunque offenda in qualunque modo un membro della famiglia reale, ad esempio con un articolo, un post (su forum, social network ecc) o un sito internet, è considerato diffamatorio nei confronti della monarchia e rischia una condanna che va dai 3 ai 15 anni di carcere.
Con l’affermarsi sempre più di Facebook, anche nei paesi asiatici, anche solo esprimere apprezzamento (il famoso “mi piace”) a un’opinione contraria ai regnanti è considerata una violazione della legge.
Il ministro tailandese per l’ITC, Anudith Nakornthap, ha esplicitamente citato il caso di Facebook come una possibilità per finire in prigione, e ha spiegato che il governo sta lavorando con il social network per eliminare i contenuti sgraditi (chi ha detto censura?).
«Abbiamo informato Facebook e chiesto la loro assistenza per cancellare alcuni contenuti offensivi per la nostra monarchia» ha spiegato il ministro.
Insomma, che la libertà di parola e pensiero, in molti stati asiatici sia bassissima, si sapeva, certo che fa specie sentire di una condanna così pesante, solo per un clic.